Pubblicato da: terradiversilia | aprile 4, 2011

Massarosa

Una visita a Massarosa non può che partire dal suo municipio, «il palazzo del Comune, signorile ma non austero» come lo definisce in una felice immagine Guglielmo Lera nel suo Massagrausi, storia di Massarosa.

Massarosa-palazzo2

Massarosa, palazzo comunale

Distinto ma cordiale palazzo appunto, che si pone proprio alla congiunzione tra la Sarzanese-Valdera e via Cenami, le due direttrici principali all’interno del capoluogo, intorno alle quali si espande il centro cittadino, punteggiato di negozi e palazzi che continuano fino ai primi pendii delle colline, dove la case cominciano a diradarsi, si raggruppano in piccole entità, per lasciare poi il posto alle chiome grigioverdi degli olivi e ai verdi dei prati: cromia scomposta dalle strade che salgono in dolci tornanti alle località e ai borghi intorno.

Sull’altro lato, di fronte alle colline, si stende la bonifica, dove sull’antico terreno acquitrinoso cresce ora la parte più recente di Massarosa, e dove hanno posto le moderne strutture sportive. Finché le abitazioni cedono agli insediamenti agricoli, fatti di terreni umidi e fertili, dove trovano posto i vivai e gli appezzamenti di terreno usati per le coltivazioni di ortaggi e di alberi da frutta. Sull’altro asse, quello nordovest-sudest, la cittadina si allunga intorno alla via Sarzanese, disposta ai suoi lati presidiati da case e villette circondate da un giardino, e dipinte in tonalità quasi sempre sobrie, mai sgargianti o vistose, in un giusto equilibrio tra l’essere e l’apparire: filosofia della quale la vicina Lucca è, tra le città toscane, il miglior esempio, e Massarosa, qui in Versilia, la fedele trascrittrice.

Ma tornando ora a passeggiare per il centro storico della cittadina e procedendo verso l’altra estremità di via Cenami, contrapposta a questa che ospita il palazzo comunale, troviamo dopo breve passo la chiesa dei SS. Jacopo e Andrea.

Massarosa_Santi_Jacopo_e_Andrea

Massarosa, chiesa SS. Jacopo e Andrea

In un documento del 1077 si parla di una chiesa dedicata a San Andrea mentre successivamente, nel 1183, viene menzionata una chiesa di San Jacopo che poi torna in un estimo del 1260, meglio conosciuto come Rationes Decimarum, documento compilato per la riscossione di una tassa papale, destinata al finanziamento di una crociata, che ci offre e disegna una mappa precisa degli enti religiosi che all’epoca componevano la diocesi di Lucca. Successivamente al titolo di San Jacopo si affiancò quello più antico di San Andrea, andando entrambi a designare l’attuale edificio la cui conformazione, a navata unica con abside e transetto, è peraltro frutto di numerose ristrutturazioni che ben poco hanno mantenuto di quella originaria. Ampliata nel 1820, e ridisposta a forma di croce latina nel 1895, ebbe all’inizio del XX secolo un ulteriore restauro, prologo della riconsacrazione avvenuta nel 1920. Anche gli arredi e le strutture interne ne hanno seguito i mutamenti. In particolare gli altari furono smantellati e sostituiti con gli attuali, preziosi esemplari seicenteschi in marmo provenienti dalla chiesa di San Agostino, in Lucca, dove erano stati smantellati in seguito a lavori di restauro ultimati nel 1853.

Tra gli altri arredi spiccano una bella pala del Cinquecento, raffigurante una Madonna col Bambino, attribuita a Simone Carretta, pittore modenese che risiedé per alcuni anni a Camaiore e attivo nella seconda metà del XVI secolo, e un tabernacolo a parete di bella fattura attribuibile alla scuola, o ai modelli, di Matteo Civitali (Lucca 1436-1502).

Il nome di Massarosa deriva da Massa Grausa, toponimo formatosi nel periodo longobardo quando compare la voce massa che nel tardo latino identificava una tenuta, o un possesso fondiario di grandi dimensioni, attribuito, nel nostro particolare caso, a un tal Grauso. Il territorio fu feudo dei canonici di San Martino di Lucca dall’anno 933 fino al 1799, quando l’arrivo dell’esercito francese segnò la fine dell’autonomia della Repubblica di Lucca, e con essa di tutti i suoi possedimenti, tra i quali anche Massarosa.

massarosa-monumento

Massarosa, monumento ai caduti.

«La borgata di Massarosa trovasi sparsa una porzione lungo la strada Regia di Genova, mentre il restante della popolazione internasi a destra della strada medesima fra le coltivazioni di oliveti, o alla sua sinistra in mezzo a campi palustri, seminati di mais, di panico, di piante filamentose tramezzo a paglieti e giunchi che contornano e coprono i frequenti fossi e acquitrini lungo la stessa via regia fino oltre Montramito» Così la descrive Emanuele Repetti nel suo Dizionario Geografico Fisico della Toscana, preziosa guida alla storia e ai luoghi della nostra regione, e stampato a Firenze in successivi sei volumi tra il 1833 e il 1845.

Più o meno in quegli anni, esattamente nel 1846 viene ad abitare nella “borgata di Massarosa“ Vittoria Manzoni, figlia di Alessandro Manzoni e qui giunta all’indomani del matrimonio, avvenuto a Nervi il 27 settembre di quello stesso anno, con Giovan Battista Giorgini, letterato e professore alla Normale di Pisa e all’università di Siena, uomo politico appartenente alla destra liberale, che fu in rapporti con i principali protagonisti della società del suo tempo, documentati da un’ampia raccolta epistolare. Era Giovan Battista, detto Bista, ultimo discendente di una patrizia famiglia lucchese il cui nonno Niccolao ricoprì tutte le più importanti cariche di governo a Lucca nella prima metà del secolo XIX, e il padre Gaetano fu ministro degli esteri al parlamento toscano nel breve governo Capponi dell’agosto 1848. Palazzo Giorgini era dunque in quegli anni un cenacolo di uomini e idee politiche, a volte allietato dalla presenza di illustri personaggi tra i quali il filosofo Antonio Rosmini, il poeta Giuseppe Giusti, Massimo D’Azeglio e lo stesso Alessandro Manzoni, come ricorda una targa in marmo posta sulla facciata del palazzo.

Oltre a questi più famosi personaggi qui visse, insieme alla sorella Vittoria, alcuni periodi della propria vita anche la più piccola tra i figli di Alessandro Manzoni, Matilde, l’autrice di quel Journal diventato nel tempo quasi sinonimo di scrittura diaristica femminile, nonché cronaca, dal 1847 al 1856, anno della morte di Matilde all’età di 26 anni, del difficile ed esile rapporto tra figlia e il tanto famoso padre. Riproposto nel 1992 dall’Adelphi, in una edizione curata da Cesare Garboli, il libro è diventato nel 2002 anche storia cinematografica, firmata da Lino Capolicchio che con Diario di Matilde Manzoni ha voluto riproporre la tormentata e incompresa sua breve vita, alla ricerca di un affetto e una presenza paterna che sempre le mancò.

Vittoria Giorgini Manzoni morì il 15 gennaio 1892 in questo stesso palazzo di Massarosa che insieme alla forte donna Vittoria vide tramontare il periodo più alto della propria storia. Poi, nel trascorrere del tempo, diviso dalle sue dependance e di parte del parco, fino all’attuale assetto dove l’edificio si è aperto alla vita e agli usuali giornalieri traffici. Oltre palazzo Giorgini, e il suo illustre passato, altre storiche dimore si alzano all’interno dei confini cittadini. Villa Angeli che ospitò le prime riunioni dei rappresentanti delle popolazioni delle diverse frazioni che condussero poi alla richiesta di separazione dal comune di Viareggio, poi sancita nel 1869, e villa Provenzali dove dimorò il marchese Pompeo Provenzali, diplomatico lucchese esponente di un indirizzo politico diverso da quello espresso dal coevo e liberale cenacolo di palazzo Giorgini, ma munifico benefattore di tante attività e istituzioni massarosesi.

Massarosa-Bonifica

Strade di bonifica intorno Massarosa

Ma oltre queste pagine di storie scritte all’ombra dei suoi palazzi bastano pochi passi per trovarci da queste testimonianze dell’uomo e della sua civiltà a quelle della natura e dei suoi paesaggi. Salendo per alcuni sentieri che subito s’aprono oltre la cinta delle case fino alla cima delle colline, o inoltrandoci nelle bianche strade della bonifica, accese dal sole, e che poi proseguono fino ai fossi e agli stagni che già annunciano il lago di Massaciuccoli. Massarosa, e il suo comune, è questa grazia che non urla né dice le sue bellezze, che quasi a volte ci si domanda se sa di conoscerle. Laboriosa e discreta sembra pensare ad altro. O forse è la sua storia, così antica, e la quiete che ancora abita questi posti, a darle il giusto passo tra le cose e i giorni del mondo.
Arturo Lini

© Tratto da “Massarosa terra di Versilia”, testi di Arturo Lini, foto di Amerigo Pelosini, Caleidoscopio edizioni, Massarosa (LU), 2006. Vietata ogni riproduzione, salvo il diritto di citazione, l’uso personale previa citazione o diverso accordo con l’autore. Le fotografie appartengono ai rispettivi autori, dove indicato, nella relativa licenza d’uso.


Lascia un commento

Categorie